La SEO evolve quotidianamente e qual è il miglior modo per imparare ed adattare la propria strategia agli innumerevoli cambiamenti a cui andiamo incontro? La risposta è una sola: attraverso gli esperimenti SEO.
Come ben sapete, i fantomatici 200 – o 400 o 1000 – fattori di posizionamento Google non sono mai stati rivelati e mai lo saranno. Sappiamo che ottimizzare la URL in base alla parola chiave favorisce il ranking e un mucchio di altre cose, ma non sappiamo con esattezza tutti i fattori di posizionamento né conosciamo gli algoritmi di Google.
L’unico modo per imparare, dunque, è attraverso gli esperimenti, effettuati direttamente da noi o da altri SEO che, bontà loro, decidono di condividerli con la community dei web marketers.
Alcuni degli esperimenti più recenti sono stati condotti da Larry Kim per Search Engine Journal e vale davvero la pena dare un’occhiata. Un’opportunità grandiosa se si ha poco tempo da investire in esperimenti fai da te.
Iniziamo con la domanda da un milione di dollari: il CTR delle ricerche organiche è fattore di ranking? L’autore ha analizzato, in un interessante grafico, il CTR e il posizionamento, soffermandosi in particolare sulla top 3, in tre diversi intervalli di tempo (aprile 2016, luglio 2016 e settembre 2016).
Scoprendo che, in relazione ai risultati in prima posizione, se ad aprile il CTR medio era del 22%, a luglio diventava del 24 e, infine, a settembre del 27%. Cosa vuol dire? Significa che Google riesce ad essere sempre più preciso e a fornire risultati adeguati alla chiave di ricerca dell’utente. Ergo, il CTR è sempre più importante e decisivo.
Ma è, al tempo stesso, un fattore di ranking? Probabilmente sì, secondo l’autore. L’esperimento successivo, infatti, mostra che – sebbene non ci sia una correlazione diretta tra CTR e posizionamento – il CTR potrebbe rappresentare uno dei segnali ‘indiretti’ utilizzati da Google nella presentazione dei risultati.
È dunque sufficiente creare titoli ad effetto e sfruttare il click-baiting per aumentare il CTR e, di fatto, migliorare il posizionamento? Non è così semplice. Secondo l’autore, Google analizza anche il cosiddetto “dwell time“, ovvero il tempo che l’utente trascorre all’interno del sito, esaminando al contempo il bounce rate e il conversione rate.
Se l’utente, poniamo il caso, subito dopo aver cliccato su uno dei risultati di ricerca torna immediatamente in SERP per effettuare una nuova ricerca o cliccare su un altro snippet, Google ne terrà certamente conto. Migliorare il tasso di conversione e la durata della sessione probabilmente aiuterà a migliorare anche il ranking del proprio sito.
L’ultimo esperimento dell’autore vuole verificare se ci sia correlazione tra condivisioni social e CTR. In realtà, le condivisioni non sono un fattore di ranking, anche se – come dimostra l’esperimento – c’è una correlazione (direttamente proporzionale) tra social engagement e CTR delle ricerche organiche. In altri termini, riuscire a proporre contenuti interessanti per gli utenti – sia sui social network che all’interno del sito, dunque in SERP – è decisivo.
È necessario ottimizzare i contenuti per gli utenti e non per i motori di ricerca, attraverso headlines e titoli efficaci e di sicura attrattiva e testi altrettanto interessanti e di grande impatto. Soltanto in questo modo miglioreranno alcune delle metriche relative all’engagement che, come abbiamo visto, sembrerebbero essere strettamente legate al CTR e al posizionamento organico.
E voi, a quali conclusioni siete giunti? Quali sono i fattori che a vostro parere influenzano maggiormente il posizionamento organico?
Qui l’infografica degli esperimenti per chi voglia approfondire!